Saint Jean de la Croix

Giovanni è nato a Fontiveros (Avila, Spagna) nel 1542, ed è morto a Ubeda (Jaèn, Spagna) nel 1591. Quindi ha 27 anni meno di Teresa d’Avila, che aiutò magnificamente nella Riforma dell’Ordine del Carmelo.

Era un uomo piccolo di statura, ma « grande agli occhi di Dio », dirà di lui Santa Teresa. Era riservato, modesto : ebbe il dono di passare inosservato, ed essere perfino disprezzato. Tuttavia, secondo quelli che l’hanno conosciuto, era dotato di sensibilità artistica, di un’ intelligenza e di una capacità d’amare fuori del comune e con l’amore ha superato tutte le sofferenze della sua vita.

Originario di una famiglia povera, resterà povero tutta la vita, materialmente e spiritualmente. D’altra parte, condivide con i suoi contemporanei il carattere intrepido e tenace che lo lancerà, non alla conquista del Nuovo Mondo, ma nell’esplorazione abissale del mistero di Dio. E’ un « esploratore dell’Infinito ». Disponeva, per fare ciò, di alcuni mezzi : un ‘eccellente conoscenza della Sacra Scrittura acquisita in parte all’Università di Salamanca ; la sua esperienza mistica, che poté confrontare con quella di santa Teresa, e l’esperienza delle anime, per il suo impegno di padre spirituale.

E’ per questo che ci può guidare nelle « regioni senza sentieri » della nostra risposta personale all’Amore di Dio, e lasciarci intravvedere quello che ci attende alla fine dell’avventura : l’unione perfetta con Dio, nella « Viva fiamma d’Amore ».

Questo è, ci dice, lo scopo, il senso della nostra vita. Il cammino per arrivare all’unione è difficile ; ma Dio, con la sua grazia, ci fornisce dei mezzi di viaggio infallibili : la fede, la speranza e l’amore.

 

Lo scopo : l’unione dell’uomo con Dio

Croix-Montagne

E’ così che Giovanni della Croce vede la vita cristiana, alla luce dell’Evangelista Giovanni, del quale conosceva a memoria gli scritti : « Chi sta nell’amore dimora in Dio, e Dio dimora in lui » (1Gv 4,16)

Questa percezione si situa alla radice dell’essere ed é segnata dal significato della persona, così forte nei santi del Carmelo : Dio e l’uomo, in reciproca attrazione, destinati a unirsi nella partecipazione e nel godimento di una stessa vita, nella « parità  d’amore » (Cantico Spirituale 38,3).

Il destino dell’uomo, è questa parità inaudita con Dio che, per grazia e nell’amore, riversa su di lui tutta la ricchezza della sua Vita Tinitaria, facendolo « suo uguale e amico ».
« Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire » (Mt 20,28)

Non ci ha creati per la mediocrità, ma per questa grandezza. Altrimenti detto : il Dio che si rivela a Giovanni della Croce non ha nulla a che vedere con il dio delle ideologie moderne. E’ un Dio vivo, che non annienta l’uomo. Al contrario, lo ama e lo eleva a una dignità inimmaginabile, all’interno stesso della sua condizione umana. Non lo toglie dal mondo, ma lo chiama a vivere nell’Amore e nella Verità, sigillo nella sua anima della somiglianza di Dio nella quale é stato creato. E lo chiama a vivere a servizio dei fratelli, come Gesù, che ha mostrato la via : « Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire » (Mt 20,28).

 

Il cammino : la salita del Carmelo

chemin-provenceLa logica di san Giovanni della Croce, o piuttosto la sua coerenza, è grande. Ci dice : se credo che l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, ciò vuol dire che non mi posso realizzare al di fuori della Verità e dell’Amore. Tutto quello che è contrario alla Verità e all’Amore è un attentato contro la mia vera umanità.

Ora, l’esperienza mi mostra che questa identità profonda é molto ferita dal peccato.

« c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo ; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. […] Sono uno sventurato ! »

Rom 7, 18-19. 24

Ho bisogno d’essere ricreato, di fare posto, in me, all’uomo nuovo.

Come fare ?

Unendomi a Cristo, il Nuovo Adamo. Ciò significa una viva morte in Croce dell’uomo peccatore che porto in me. Morire al mio egocentrismo, al mio egoismo. Distruggere le false immagini di Dio e di me stesso che conservo in me e che si oppongono alla verità. Aderire a Cristo nella sua Passione, « il più grande abbandono spirituale che egli abbia provato nella sua vita, […]restando annientato e come ridotto a nulla. […] Tutto ciò avviene in fine affinché il vero spirituale abbia l’intelligenza del mistero di Cristo, porta e via per unirci a Dio » (cfr 2Salita, c.7,7)

Questa ri-creazione, gestazione del figlio di Dio che sarò in futuro, è ciò che Giovanni della Croce chiama « purificazione », « notte », « salita del Carmelo ». Periodo doloroso e sconcertante; che è in realtà l’altra faccia della trasformazione operata dall’Amore. Durante questo periodo di crisi, Giovanni della Croce è una guida eccezionale :

Se mi sono deciso a scrivere […] è solo perché spero nella bontà del Signore che mi aiuterà a dire qualcosa per rispondere ai bisogni di un gran numero d’anime, […] per far loro comprendere il loro stato o perlomeno a lasciarsi guidare da Dio.

(cfr Prologo della Salita del Monte Carmelo 3 e 4)

Questo difficile cammino di fatto é un cammino di liberazione. Per i santi del Carmelo, la libertà non si trova al punto di partenza, come spesso immaginiamo. Al contrario, dicono, ci mettiamo in cammino pesantemente ipotecati dalla schiavitù dal peccato.

E’ la verità, è l’amore di Dio che ci libera :
« sì, amore è ‘estasi’, ma estasi non nel senso di un momento di ebrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dal l’’io’ chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé. »
(Deus caritas est n° 6 – Benedetto XVI)

 

I mezzi : la Fede

San Giovanni della Croce non affronta la fede come lo faremmo forse noi oggi, in riferimento al problema dell’ateismo. Ciò che gli interessa, é di penetrare il più profondamente possibile nelle profondità di Dio. Da qui il punto di vista che troviamo nella sua opera : la fede come mezzo d’unione dell’anima con Dio. « Più un’anima ha fede, più è unita a Dio », scrive nel 2° libro della Salita, c.9,1. Com’è possibile ? Perché la Rivelazione, ci dice Giovanni della Croce, è Gesù in persona. E’ la Parola del Padre agli uomini (cfr. 2Salita, c.22).

« Ecco la linea particolare della dottrina mistica del santo. Delle verità rivelate sono certamente donate all’intelligenza, ma è Cristo stesso che è donato [nella fede], lui, la vita dei cristiani. La manifestazione di Dio agli uomini è contenuta in lui, come un modello sempre da imitare, sempre da riprodurre con l’amore ».

(Karol Wojtyla, La foi selon saint Jean de la Croix, Cerf, 1980, p. 138).

E’ così che, accogliendo la persona di Cristo nella fede e riproducendola attraverso l’amore, l’unione con Dio diviene possibile.

 

I mezzi : l’Amore, “viva fiamma”

flammeE’ il mezzo per eccellenza dell’unione con Dio ; l’amore che il vocabolario cristiano chiama « carità », nel senso che Benedetto XVI precisa nella prima parte di Deus Caritas est.

E’ l’amore che fa uscire da sé alla partenza ; è l’amore che fa progredire, ed è l’amore che realizza infine la perfezione che Giovanni della Croce descrive così :

« Colà mi mostrerai
quanto da te voleva l’alma mia
e tosto mi dirai
colà tu, vita mia,
quello che l’altro giorno mi donasti » :

« L’anima ora chiede l’uguaglianza di amore con Dio che ha sempre desiderato naturalmente e soprannaturalmente […] E poiché vede che, benché lo ami immensamente, non puo giungere ad eguagliare l’amore con cui è amata da Lui, per raggiungere questa meta, desidera la trasformazione gloriosa».

Cantico Spirituale, 38,3
« Dell’aura lo spirare,
del soave usignolo il dolce canto,
il bosco e la sua grazia
nella notte serena,
con fiamma che consuma e non dà pena » :

«  Questo ‘spirare dell’aura’ è una capacità ricevuta dall’anima nella comunicazione dello Spirito Santo, il quale con la sua spirazione divina l’innalza in maniera sublime e la informa e le dà capacità affinché ella spiri in Dio la medesima spirazione di amore che il Padre spira nel Figlio e il Figlio nel Padre, che è lo stesso Spirito Santo […]. Dio… la creò a sua immagine e somiglianza perché potesse giungere a tale meta ».

Cantico Spirituale, 39,3 e 4

Si capisce come i santi del Carmelo, che hanno intravisto ciò, abbiano un senso così forte della dignità della persona umana. Ella ha in sé la capacità di diventare, per la sua unione con Dio in Cristo, l’uguale e la compagna di Dio, sua « sposa », per riprendere il paragone originale biblico. Una sposa che partecipa alla fecondità stessa di Dio, perché è « presa » nel movimento dello Spirito.

« Si sarebbe attuata così la promessa dei ‘fiumi di acqua viva’ che, grazie all’effusione dello Spirito sarebbero sgorgati dal cuore dei credenti (cfr. Gv 7,38-39). Lo Spirito infatti, é quella potenza interiore che armonizza il loro cuore col cuore di Cristo e li muove ad amare i fratelli come li ha amati Lui, quando si é curvato a lavare i piedi dei discepoli (cfr. Gv13,1-13) e soprattutto quando ha donato la sua vita per tutti.» (Deus caritas est, nº 19 – Benedetto XVI)

I mezzi : la Speranza

Lungo il cammino che ci conduce verso Dio, il rischio di scoraggiarsi é continuo a causa della nostra debolezza e delle difficoltà della vita che sperimentiamo quotidianamente. E’ a questo punto che entra in gioco la speranza teologale : non mettere in dubbio che si arriverà, malgrado la nostra fragilità, malgrado le avversità che ci opprimono, e ciò a causa di Dio, che si è impegnato con noi nell’avventura e che è fedele alla sua promessa.

Niente ci deve arrestare nel nostro slancio verso Dio.
La speranza ci insegna ad appoggiarci unicamente a Dio, in una fiducia a tutta prova ; e se crediamo all’esperienza di Teresa del Bambino Gesù, in un contesto più vicino a noi, « si ottiene da Dio tanto quanto si spera » (cfr 2 Notte, c.21).

E’ dunque a causa di Dio che la speranza dimora possibile nello scorrere opaco e inquietante della nostra Storia personale e collettiva.

D’altronde, Giovanni sottolinea che nulla ci deve arrestare nel nostro slancio verso Dio ; né i fallimenti, né perfino i successi. Dio é più grande di tutto. Alcuna delle situazioni incontrate sul cammino ci devono distrarre da Lui.