Scritto in latino su un mosaico attorno allo scudo del Carmelo, il « motto » del profeta Elia figurava sul suolo del refettorio dei religiosi del « Petit Castelet », il convento di P.Maria-Eugenio, vicino a Tarascona. L’Ordine del Carmelo, nato in Terra Santa sul Monte Carmelo che sovrasta la baia di S.Giovanni d’Acri, fa risalire la sua fondazione a questo personaggio dalla personalità colorita di cui la Bibbia ci racconta le imprese nello stesso luogo.
Composto da due frasi del profeta (cf 1 Re 17,1 e 1 Re 19,10), secondo P.Maria-Eugenio questo motto sintetizzava i due poli inseparabili della vocazione carmelitana. Sono anche i due poli della vita del battezzato, discepolo-missionario di Cristo nel mondo :
la chiamata a vivere una relazione intima con Dio nel silenzio, là dove « il Padre è nel segreto » (Mt 6,6) ;
la chiamata a testimoniare il Vangelo ai suoi contemporanei.
E’ a questa sorgente biblica che occorreva risalire per proporre al mondo d’oggi lo spirito autentico del Carmelo.
La prima parte del motto esprime l’atteggiamento abituale del profeta, profondamente contemplativo.
L’uomo d’azione, esteriormente rude, ma dall’anima così elevata e così delicata, dallo sguardo penetrante e purificato, comincia dunque paradossalmente la sua missione con un lungo tempo passato in solitudine, al torrente di Kerit (1 Re 17,2-6). La sua vocazione lo isola, lontano dal suo ambiente, e l’attira nel deserto. E’ là che impara a « stare alla presenza del Dio vivo ». Nella solitudine si stabiliscono rapporti meravigliosi tra Dio e l’anima del profeta. Dio si dà a lui con una generosità che spesso viene accresciuta dall’infedeltà del suo popolo eletto. Soddisfa così il suo bisogno di donarsi ( Voglio veder Dio, p. 468).
L’esperienza fondatrice della vocazione profetica è quella di un amore gratuito, delicato e potente, l’Amore divino sempre in movimento per donarsi.
Separato dal mondo per un certo tempo, il profeta placa la sua sete di Dio ma anche la sete di donarsi di Dio. Offrendosi all’amore divino nella solitudine, é entrato nel movimento stesso dell’amore e brucia di zelo apostolico, ormai totalmente libero per essere a disposizione del suo Signore : non ha dimora fissa ; va dove lo Spirito lo invia ( Voglio veder Dio, p. 467). Docile e disponibile, il contemplativo solitario è coinvolto profondamente nella vita del suo popolo. Le sue gesta esteriori sono le più importanti nella storia di Israele di quel tempo (Il tuo amore è cresciuto con me, p. 94). E’ spinto a testimoniare Dio, la sua esistenza, la sua vita. (Carmel 88,237)
In un momento in cui, secondo la sua espressione canzonatoria, Israele « zoppica con i due piedi « (1 Re 18,21) e si allontana dal Dio unico, Elia lancia una sfida ai profeti dei falsi dei e ottiene di ricondurre il suo popolo alla professione di fede dell’Alleanza : « Il Signore è Dio ! » (1 Re 18,39). Ritirandosi in cima al Carmelo, si immerge nella preghiera, intercedendo perché cessi la siccità. Comprende allora, nella nuvoletta bianca che sale, lontano nel mare, l’annuncio della Vergine Maria, colei che un giorno farà « piovere il Giusto » (Is 45,8). Poi corse davanti al carro del re ! (1 Re 18,46)
Un super uomo il profeta ? No, un pover’uomo, che fa esperienza della sua debolezza, schiacciato, scoraggiato dalla persecuzione : « Ora basta Signore ! prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri ». (1 Re 19,4)
Da questo esempio che la Santa Scrittura mette sotto i nostri occhi, P.Maria-Eugenio trae una luce preziosa : l’unione armoniosa di contemplazione e azione che il profeta ci mostra come realizzata nella sua vita (Voglio veder Dio p. 469). E’ questo equilibrio che fa l’apostolo perfetto (p.474).
Da dove viene ? Non deriva da un sapiente dosaggio stabilito dalla ragione perché equilibrio e sintesi vengono realizzati, nella vita del profeta, da Dio che l’ha afferrato e lo muove ( Voglio veder Dio, p. 469). L’esempio di santa Teresa d’Avila assettata di silenzio e di solitudine e lanciata sulle strade di Spagna per fondare dei monasteri, lo dimostra. Lei che gridava, bambina, « voglio vedere Dio !» morirà dicendo : « sono figlia della Chiesa ». Non è un eco del motto del profeta ?
Come vivere oggi questo spirito elianico e teresiano ?
Vivendo il deserto quotidiano dell’orazione silenziosa che rifà le forze e mette in movimento. Padre Maria-Eugenio dirà, il giorno della sua morte, ai membri dell’Istituto che aveva fondato per vivere lo spirito di Elia nel mondo d’oggi : custodite la fedeltà all’essenziale, azione e contemplazione ben unite. Questa raccomandazione procedeva da uno sguardo su Dio. Dio è contemplativo ma è anche atto puro. E’ un’ imitazione perfetta di Dio che cerchiamo di realizzare unendo contemplazione e azione.
Testimonianze su padre Maria-Eugenio
Come vero figlio di Elia, la sua parola bruciava come una torcia (Cf Sir 48,1). « Con la sua fede, ha toccato Dio » noi pensavamo! Con la stessa facilità parlava della trascendenza e della semplicità di Dio. Ne irraggiava la presenza. (Una carmelitana) (MMSauveur, Rivista Carmel 1988)
Non era offerto che a Dio, ma lo era totalmente, appassionatamente. Elia non avrebbe potuto rimproverargli di « zoppicare su due piedi ». Era veramente, con un’intensità poco comune, un « uomo di Dio ». (Un padre carmelitano della sua provincia) (Carmel 1988,210.212)
Portava in lui l’urgenza del regno e comunicava questa passione…La missione, la Chiesa, mettere a fuoco i quattro angoli del mondo…erano argomenti che ritornavano spesso. (Una religiosa) (Carmel 1988,231)
Padre Maria-Eugenio, uomo vigoroso, talvolta rude, pieno d’umanità anche, era un religioso appassionato di Dio e dell’evangelizzazione con la preghiera (…) Il suo sguardo rifletteva la pace e la gioia della santità. (Un membro dell’Istituto) -(Lettera della Causa 19, p. 19)